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Festa giovani 2012: Cgil, orientare il cambiamento per esserne protagonisti

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FestaGiovani2012_Schede_introduttive_laboratori_su_contrattazione

Tre giorni di confronto nella splendida cornice di Paestum per discutere del mondo che cambia e su come rappresentare ed orientare il cambiamento, per esserne protagonisti. Tante le proposte concrete emerse dai numerosi dibattiti.
» SCHEDE Introduttive: FestaGiovani2012_Schede_introduttive_laboratori_su_reinsediamento

FestaGiovani2012_Schede_introduttive_laboratori_su_contrattazione

Paestum 2012. Davanti al tempio di Cerere per tre giorni le giovani sindacaliste e i giovani sindacalisti della CGIL si sono confrontati sul mondo che cambia e su come rappresentare ed orientare il cambiamento, per esserne protagonisti.
Un desiderio di cambiamento che non è stato evocato in maniera astratta, ma che nella discussione si è articolato in contenuti e strumenti precisi.
Il punto di partenza non poteva che essere il lavoro: quello che manca ed è sempre più precario, svalorizzato e privo di diritti e allo stesso tempo frammentato, nei contratti e nelle catene produttive, oltre che nella dimensione della rappresentanza collettiva.
La precarietà travalica le tipologie d’impiego, investe il lavoro nella sua dimensione diffusa e la vita stessa delle persone, diventa così emblema dell’imbarbarimento dei rapporti sociali. Non solo – come ampiamente dimostrato in questi anni – la precarietà diventa il grimaldello per creare competizione tra lavoratori, con l’obiettivo di abbassare la soglia dei diritti per tutti.
Per questo affrontare la precarietà è la scommessa su cui si deve necessariamente cimentare il sindacato di oggi, quale condizione necessaria per ricomporre il lavoro e determinare così nuovi rapporti di forza.
Quali possono essere gli strumenti per fare tutto questo?
Innanzitutto organizzare i non organizzati, tema che ha impegnato la discussione del primo giorno della Festa.
E’ emersa la necessità di individuare strategie di reinsediamento di lungo respiro per uscire dalla contingenza e allargare la nostra base ordinaria di rappresentanza, al fine di sindacalizzare il lavoro frammentato, costruire il diretto protagonismo delle fasce più fragili e identificare spazi di attivismo e partecipazione diffusa.
Si tratta di assicurare nei luoghi di lavoro la rappresentanza di tutte le tipologie contrattuali, anche attraverso un battaglia per l’estensione dei diritti sindacali. Ma non basta.
Oggi le principali porte di ingresso alla vita sindacale sono i luoghi di lavoro, ma non possiamo non considerare che una crescente fetta del mondo del lavoro non è intercettabile in questo modo: in contesti piccoli e frammentati il nostro insediamento non arriva e le/i lavoratrici/ori discontinue/i non hanno modo e tempo di inserirsi. Per questo occorre sperimentare momenti di attivazione e partecipazione alla vita del sindacato che stiano anche in una dimensione orizzontale.
Dobbiamo adottare pratiche quali le campagne di sindacalizzazione rivolte ai soggetti più fragili ed esposti nel mercato del lavoro, utilizzando gli strumenti di comunicazione e aggregazione più adatti; favorire la nascita di spazi di socialità rivolti ai giovani e alle/ai lavoratrici/ori discontinue/i, mutuando l’esperienza delle camere del lavoro degli albori che erano molto più di oggi un luogo di partecipazione e autorganizzazione.
Su questo alcune esperienze muovono i primi passi: la campagna promossa da Filcams, Giovani NON+, Nidil con le reti di praticanti e professionisti per l’inclusività del contratto degli studi professionali (www.conilcontratto.it), oppure la nascita di spazi per i giovani, da Toolbox di Bergamo, allo Spazio Sociale del Lavoro di Lecce.
Il territorio è il livello ideale per alimentare la partecipazione e far fare un salto di qualità alle esperienze di contrattazione sociale, attivando i singoli, ma anche costruendo coalizioni con i movimenti e gli altri attori sociali. Esperienze di coalizione tra diverse reti come quella del comitato Il nostro tempo è adesso hanno dimostrato come sia possibile contaminarci con nuove realtà e allargare la nostra base di rappresentanza.
Inoltre un’organizzazione dinamica deve creare momenti di partecipazione ed elaborazione al proprio interno, anche attraverso percorsi formativi che consentano ai giovani quadri di cimentarsi su esperienze innovative e favoriscano una politica dei quadri che sia riconosciuta come fattore strategico per rinnovare l’organizzazione e valorizzare competenze e sensibilità individuali.
Infine, chi vuole efficacemente rappresentare le lavoratrici e i lavoratori di oggi non può più ignorare le diversità di età, genere, provenienza, religione, disabilità, orientamenti sessuali.
Questa riflessione si è intrecciata con un momento di approfondimento sul tema dell’immigrazione e sui diritti di cittadinanza delle seconde generazioni, un tema ineludibile per la nostra azione sindacale, quale punto di partenza per il riconoscimento di diritti fondamentali.
Una nuova rappresentanza si recupera innanzitutto attraverso le sfide contrattuali. Questo tema ha animato la seconda giornata della Festa di Paestum.
La consapevolezza della gravità della crisi e della necessità di politiche economiche di tutt’altra natura non ha inibito una discussione sui contenuti della prossima stagione contrattuale rispetto alle frontiere e alle sfide che, seppur difficili, non possono esser considerate velleitarie.
Infatti una contrattazione che vive nella dimensione esclusivamente difensiva nel lungo termine risulta necessariamente debole, e per affermare l’autorevolezza contrattuale del sindacato è urgente produrre avanzamenti e sperimentazioni su alcuni terreni strategici.
Per questo è necessario scommettere nella ricomposizione del lavoro oggi frantumato ai diversi livelli contrattuali (filiere, siti, livello europeo e sovranazionale), oltre che combattere fenomeni di illegalità (contraffazione, caporalato, lavoro nero, catena degli appalti).
Una contrattazione realmente inclusiva deve saper parlare a tutte le figure meno rappresentate e più fragili, in particolare giovani e precari/e, e non scaricare su chi entra le contraddizioni del sistema, attraverso salari di ingresso e doppi regimi.
Ma non solo, per rivendicare fino in fondo una competizione basata sulla qualità del lavoro è necessario sfidare la controparte su questo terreno, rispetto a temi come la formazione, i processi di lavoro, la valorizzazione professionale e le carriere. Questo significa fermare l’individualizzazione e la mancanza di trasparenza con cui le imprese gestiscono il personale e contemporaneamente rappresentare anche le alte professionalità, per essere più forti e competenti nel mettere in discussione le strategie d’impresa.
Dopo la riforma del lavoro la regolamentazione delle tipologie d’impiego e il contrasto alla precarietà non possono che essere una delle priorità della prossima stagione contrattuale: si tratta di cogliere alcuni spazi che la riforma offre rispetto alla regolamentazione del contratto a progetto -da estendere anche alle partite iva-, oltre che del lavoro dipendente a termine e individuare soluzioni per ridurre gli abusi ed estendere i diritti.
Infine precarietà e disoccupazione sono la faccia della stessa medaglia e sono figlie di un modello economico e sociale sbagliato.
La terza giornata si è sviluppata proprio su questi temi: come nasce la crisi, come mai le ricette recessive sono sbagliate e come orientare diversamente lo sviluppo.
Le scelte e le politiche europee sono senz’altro la chiave per immaginare un diverso sviluppo, che fermi la spirale recessiva, produca una redistribuzione della ricchezza e riduca le diseguaglianze.
Allo stesso tempo il sindacato deve essere protagonista a tutti livelli di una battaglia per il lavoro che indirizzi lo sviluppo, a partire da una nuova politica industriale, dalla riconversione ecologica dell’economia, dal ruolo della cultura, della conoscenza, del welfare.
Questi temi sono strettamente connessi: infatti per mobilitare le competenze e i talenti è necessario fermare la spirale familista che aumenta le disuguaglianze e rende il futuro dei giovani predistinato in base al contesto sociale e familiare di provenienza. Ciò significa formazione, ma anche welfare e servizi all’impiego nella fase delicata in cui i giovani accedono al mercato del lavoro.
Tutto questo chiama in causa il nostro ruolo negoziale, in particolare nel territorio, ma ci pone anche di fronte l’esigenza di avere una visione da condividere ed affermare insieme a tutti gli altri soggetti sociali.

Questi sono i tanti i temi che hanno caratterizzato la tre giorni di Paestum, un’occasione di formazione ed elaborazione, ma anche di vera discussione tra i giovani quadri e delegati e gli stessi dirigenti della CGIL che hanno preso parte ai lavori.
L’impegno adesso è quello di raccogliere e articolare i temi emersi nella discussione, strutturare esperienze pilota e attraverso la sperimentazione consolidare sempre di più l’elaborazione e la cultura sindacale che i giovani della CGIL hanno fatto emergere in questi anni.

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